giugno 2024
Di fame nel mondo si è iniziato a parlare diffusamente negli anni ’80, anche grazie alla musica e alle iniziative di cantanti e artisti, come i vari “Live Aid”, che hanno contribuito a tenere alta l’attenzione su carestie e crisi alimentari di alcuni Paesi africani, soprattutto in quegli anni.
Nonostante da allora siano passati diversi decenni, l’emergenza alimentare a livello globale è tutt’altro che terminata. Per questo, il secondo obiettivo dell’Agenda Onu 2030 è proprio quello di sconfiggere la fame nel mondo.
Una problematica complessa, ma non per questo meno urgente, su cui ha fatto il punto Luca Falasconi, Professore di Politica Agraria all’Università di Bologna, nel secondo episodio del podcast Repower Rumors d’ambiente - Alla ricerca della sostenibilità.
Secondo Falasconi, intervistato da Filippo Solibello, il raggiungimento di questo obiettivo “è sensato, ma difficilmente attuabile entro il 2030”. Oggi, secondo i dati diffusi dalla FAO, sono 800 milioni le persone che soffrono di carenze alimentari quantitative, mentre arrivano a due miliardi quelle che ne sperimentano di tipo qualitativo.
In realtà, al mondo viene prodotta una quantità enorme di cibo, sufficiente a soddisfare le necessità alimentari di circa 12 miliardi di persone, a fronte di una popolazione globale di 8 miliardi.
“Il problema è che il cibo non riesce ad arrivare a tutti e non tutti hanno il denaro sufficiente per acquistarlo. Nel 2021, solo Somalia e Zambia non avevano abbastanza cibo per la loro popolazione, mentre tutti gli altri ne producevano in eccedenza”. Ma perché il cibo prodotto non riesce a sfamare tutti? Le cause di perdita di cibo sono diverse: “Nei Paesi in via di sviluppo assistiamo a una perdita di alimenti, spesso per deterioramento, nel percorso dal campo alla tavola dovuta al fatto che le filiere non sono ancora ben strutturate. Nei cosiddetti ‘Paesi ricchi', invece, la situazione è ben diversa e il problema principale è lo spreco alimentare che riguarda oltre il 30% del cibo prodotto. A queste latitudini, esiste anche il problema legato alla qualità dei cibi, spesso super lavorati, troppo ricchi di grassi e zuccheri e quindi non salutari. Una situazione che riguarda 800 milioni di persone in sovrappeso nel mondo”. Si capisce che la sicurezza alimentare è una questione articolata, che comprende il diritto di tutte le persone a nutrirsi e di farlo in modo sano.
Che cosa si può fare per provare a risolvere queste problematiche? Cosa possono fare le amministrazioni? “Le istituzioni territoriali possono sollecitare il recupero delle eccedenze e la loro redistribuzione. È importante che queste attività abbiano un’impostazione locale, di prossimità, per ottimizzarne la resa e ridurne l’impatto. A livello individuale - conclude Falasconi - è possibile ridurre il proprio spreco personale e acquistare il necessario, in modo da creare in piccolo, partendo dal basso, un sistema di distribuzione del cibo più equo, con l’obiettivo di aumentarne la disponibilità per tutti”.